Dal libro della Sapienza 11,22-12,2

Tutto il mondo davanti a te, come polvere sulla bilancia, come una stilla di rugiada mattutina caduta sulla terra. Hai compassione di tutti, perché tutto tu puoi, non guardi ai peccati degli uomini, in vista del pentimento. Poiché tu ami tutte le cose esistenti e nulla disprezzi di quanto hai creato; se avessi odiato qualcosa, non l'avresti neppure creata. Come potrebbe sussistere una cosa, se tu non vuoi? O conservarsi se tu non l'avessi chiamata all'esistenza? Tu risparmi tutte le cose, perché tutte son tue, Signore, amante della vita, poiché il tuo spirito incorruttibile è in tutte le cose. Per questo tu castighi poco alla volta i colpevoli e li ammonisci ricordando loro i propri peccati, perché, rinnegata la malvagità, credano in te, Signore.

giovedì 13 novembre 2008

Domenica 16 novembre 2008

33a domenica t.o. - Mt 25, 14-30
Il malinteso
“Non ci sono bambini pigri, ci sono solo bambini demotivati”, dicono i veri educatori, mentre l’adulto trova in se stesso le motivazioni del proprio vivere. Il servo, che ha nascosto il talento sotto terra, non è riuscito invece a darsi quelle ragioni e non ha nemmeno cercato di capire le cause della sua sfiducia. Si è accontentato di rimandare al padrone la colpa della sua noncuranza: “So che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso”.
La sfida d’ogni vita consiste nel saper sfruttare tutte le possibilità che la storia personale offre. La Scrittura parla di resa dei conti per esprimere la responsabilità d’ogni essere umano davanti alla propria esistenza. Purtroppo, intendiamo male il messaggio, come se si trattasse di rendere dei conti da ragioniere a un padrone. Dio invece propone la felicità ad ognuno, una vita intensa. Il peccato è sempre rifiuto di un’offerta di vita più abbondante. Il talento che ognuno riceve è la sua potenzialità d’umanità. Più la farà crescere, più diffonderà felicità attorno a sé e nella propria esistenza: “Prendi parte alla mia gioia”, dice il padrone al servo fedele.
Questa parabola illustra il malinteso dell’umanità di fronte a Dio. Il servo non aveva capito che l’impegno per sfruttare il suo talento sarebbe stato a beneficio suo, che gli era chiesto di lavorare per se stesso e non per il padrone. A Dio non interessa la contabilità finale ma il far crescere l’umano che ognuno si porta dentro. Chi s’impegna con tutte le forze nel vivere appieno, potrà sbagliare, sporcarsi, magari disperare, ma la sua ricerca di vita sarà anche in quello scoraggiamento, che permetterà di ricuperare sbagli e peccati. Chi invece non si dà il diritto di essere pienamente se stesso, resta sulla cornice e non entra mai nel quadro.
Siamo sempre tentati di guardare al risultato, dandogli una connotazione morale, mentre si tratta di una questione d’impegno e di fiducia, non d’efficacia apparente o di conti da rendere. Tutto il sistema del servo malvagio si reggeva sulla paura. Ogni struttura interiore, che si regge sulla paura, sotterra i talenti anche se moltiplica il capitale, perché la paura blocca l’amore. Dio, dietro la figura del padrone,
si lascia persino calunniare pur di risvegliare nell’essere umano l’amore alla vita.
E.Marie