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domenica 25 ottobre 2009



Buoni Genitori. Storie di mamme e di papà gay
Chiara Lalli
Il Saggiatore
14,00 €

"I figli devono avere una madre e un padre." "È contro natura." "Una lesbica non ha istinto materno." "I figli degli omosessuali diventano omosessuali." Tante le obiezioni all'omogenitorialità. Tanti i pregiudizi e le paure che scivolano sulla bocca della gente. Ma i gemelli Silvia e Andrea hanno due mamme e due papa. Violetta e Arthur tre genitori. Sono figli di una sola metà del cielo, crescono nell'ultima frontiera della famiglia, la più controversa. Nella società che cambia, qual è la condizione necessaria per l'esistenza di una famiglia? Rispetto e responsabilità, attenzione e amore non sono sufficienti? Il riconoscimento delle famiglie omosessuali non toglie valori alla società, semmai ne aggiunge. È un allargamento di diritti per alcuni cittadini, non una riduzione per la collettività. Obiezioni e resistenze si sgretolano sotto la mole di ricerche scientifiche che dimostrano come i bambini cresciuti in famiglie omosessuali siano mentalmente sani e socialmente integrati quanto quelli cresciuti in famiglie eterosessuali. Questa è la realtà che emerge dalle pagine di "Buoni genitori". Chiara Lalli disinnesca automatismi e generalizzazioni scontate lasciando la parola ai protagonisti. Gioie, problemi, difficoltà nell'immaginare un futuro: come in tutte le famiglie, ma con la frustrazione per i diritti negati.

mercoledì 21 ottobre 2009

Domenica 25 ottobre 2009

Occhi per vedere
da Mc 10,46-52
Gesù, circondato dalla folla, esce da Gerico e un mendicante, Bartimeo, disturba, con le sue grida, il corteo che accompagna il Maestro. Come nelle nostre chiese, quando un barbone, sfuggendo al controllo del sacrestano, mette lo scompiglio durante la liturgia. Mentre i discepoli provano a far tacere il povero seduto sul ciglio della strada, il Signore si ferma. Lo ha chiamato: “Figlio di Davide”, figlio di quel re che aveva vietato l’ingresso al tempio proprio ai ciechi. E’ escluso dalla folla, che può camminare con Gesù, è scartato dal popolo eletto, perché non può praticare il culto al tempio, è al bando perché è mendicante. Implora: “Figlio di Davide, abbi pietà di me”, come se fosse sicuro che Gesù può riammetterlo nella comunità del popolo eletto. Il Signore sente nel più profondo del suo cuore che le parole di quel cieco, alle quali nessuno presta attenzione, incontrano il desiderio del Padre di entrare in relazione con l’uomo.
Tutto è messaggio di un oltre per chi ha occhi per vedere. Anche il barbone che si avventura a chiedere l’elemosina in chiesa è segno di una vita relazionale mancata. “Avrei tanto bisogno d’incontrare uno sguardo amico”, diceva uno di loro. I discepoli di Gesù non colgono la fede che le grida di Bartimeo rivelano, mentre il Maestro percepisce in quest’uomo una forte sintonia con la sua missione, che consiste nel rivelare l’amore del Padre per ogni uomo. I discepoli sono orgogliosi di essere visti con il Rabbi osannato. Sono ciechi, non vedono che Bartimeo, attraverso la sua fede, è l’unico a entrare in relazione con il Messia, perché crede nella sua missione.
Il Signore lo fa chiamare. Il mendicante ripone una tale fiducia nel Signore che lascia l’unico suo bene: il mantello che era per lui letto, coperta, tutto. Abbandona tutto quello che possiede, perché si sente chiamato da colui nel quale ha riposto tutta la sua fede. “Che vuoi che io ti faccia?”, gli chiede il Signore. Eppure tutti sanno che è cieco, sembra ovvio che voglia essere guarito. Gesù cerca la relazione nella quale ognuno può riconoscersi per quello che è, nella quale Bartimeo potrà esprimere la sua cecità e la sua fede nel Creatore all’opera in Gesù. Non scatta il miracolo magico bensì la potenza della fiducia: “Và, la tua fede ti ha salvato”.

E.Marie