Pagine

mercoledì 21 aprile 2010

IV domenica di Pasqua C - 25/04/2010

Gv 10,27-30
Com’è difficile fidarsi!
“Le mie pecore non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano”. Perché allora tanto timore? Attraversando la strada in una grande città, avevo paura, mi sentivo piccola ancora, avevo forse dodici anni. Tenevo per mano una bambina di quattro anni. In mezzo all’intenso traffico molto rapido, sentii la mano della piccola stringere più forte la mia. “Hai paura?” chiesi. Con un riso nella voce mi rispose: “No, perché tu sei grande!”.
Potessimo stringere così la mano del Risorto e sapere che è forte, che nella sua mano non temiamo niente! Allora ascolteremmo la sua voce, ci fideremmo e chiuderemmo gli orecchi alle sirene che sussurrano altri messaggi. Il bambino si fida perché ancora non è stato deluso. L’adolescente, l’adulto non si fidano, sia perché sono stati troppo ingannati, sia perché credono di sapere meglio degli altri. Ricominciano la storia di Adamo che ha voluto conoscere il bene e il male secondo i suoi criteri, così ciò che pensava essere un bene è risultato un male. Questo è il peccato. Per uscirne non bisogna più pretendere di saper discernere tra bene e male, ma vivere tutto nelle mani di colui che è il Bene, che permette solo ciò che contiene già in sé un bene maggiore (cf. Rm 8,28). La Vita non delude. Cristo si è fidato di Dio contro ogni apparenza, riuscendo a dire nelle angosce della morte: “Padre, nelle tue mani consegno il mio Spirito”, ed è risorto.
Siamo come dei bambini impauriti dal traffico micidiale della vita, che non sanno stringere la mano di colui che ha vinto il male. La morte infame di Gesù sulla Croce, che sembra un male irreparabile, è risultata il bene più grande per lui e per l’umanità, perché la sua fede nella vittoria dell’amore era talmente forte da sconfiggere tutte le dinamiche negative di cui era il bersaglio. E’ risorto. Nessuno ha potuto rapirlo dalla mano del Padre. Ora è una cosa sola con il Padre, come anche noi siamo chiamati ad esserlo. Smettiamola di vivere senza “ascoltare la sua voce” che ci rivelerebbe, dietro le situazioni più negative, il bene offerto; allora il male sarà sconfitto un passo dopo l’altro nella nostra vita. Il Padre non toglierà la sofferenza, come non ne ha dispensato suo Figlio, ma la trasformerà in dolori del parto per una vita rigenerata, nuova, risorta. Fidiamoci, proviamo a credere che egli ha vinto la morte e che nessuno può rapirci dalla sua mano.
E.Marie

giovedì 8 aprile 2010

Sessualità, un motivo (fra tanti) per ripensare al nostro "essere Chiesa".

È vero in questi giorni c’è un’attenzione un po’ troppo maliziosa sulla questione pedofilia e sui presunti silenzi e omissioni nel passato del Pontefice. Le gerarchie ecclesiastiche in questo momento si stringono intorno al Papa, denunciando un accanimento strumentale e finalizzato a demolire la Chiesa come istituzione, facendo spesso paragoni impropri e forse eccessivi.
Bisogna dire però che ci sono ragioni da dare e riflessioni più approfondite da avviare.
Cominciamo col dire francamente una cosa.
Che ci sia un’ “attenzione particolare” verso le mosse di Benedetto XVI è indubbio così come, a volte, si è fatto finta, pretestuosamente, di non ascoltare alcune sue prese di posizione nette, chiare e di forte autocritica in merito alle difficoltà del sacerdozio, all’integrità morale dei pastori di Dio e alla “sporcizia” presenta nella Chiesa. Forse l’ha fatto più di altri pontefici e anche prima che gli scandali esplodessero con clamore. Quindi, dire che il Papa abbia fatto “spallucce” in merito a questo problema è improprio e volutamente ingeneroso.
Detto questo, è bene che via sia un approccio attento e critico, senza scadere nei soliti luoghi comuni accusatori.
Ad esempio, c’è da dire che se Benedetto XVI è un po’ il bersaglio mediatico del momento è giusto evidenziare che dopottutto, è normale. Benedetto XVI oltre che essere un capo religioso è anche un capo di Stato, quindi un uomo politico. In Italia, più che in altri paesi, la sua influenza politica è molto presente.E già questa è un’anomalia tollerata, ma rimane tale. Una maggiore incisività politica è stata la linea di questo pontificato adottata sin da subito. È chiaro che un’esposizione così forte, così ideologicamente marcata e schierata richiede, come a tutti i personaggi pubblici, di fare i conti con la giustizia, le malelingue e le critiche delle proprie comunità. Soprattutto se, come il Papa, ci si batte per un maggior ruolo sociale della Chiesa, dei valori cristiani, di politiche indirizzate e inspirate ai propri valori. È sano che si pretenda l’esempio, un modello autentico cristiano, una testimonianza forte e coerente dal Pontefice, in qualità di uomo chiamato da Dio a guidare la Chiesa. È altrettanto auspicabile che una comunità di fedeli sia informata di ciò che succede nella propria comunità, che sia vigile e attenta .Può essere da stimolo per la Chiesa uscire da un atteggiamento di giustificazione automatico, poco partecipe e poco incline alla critica. Il rifugio nel vittimismo non serve e non dà occasioni di crescita e di cambiamento.
Se poi vi è dell’effettivo livore nelle critiche, bisogna capire il perché. Sicuramente è una forma di violenza che nasce, bisogna dirlo,da un’altra violenza. Gli anni appena passati hanno segnato, frasi e prese di posizione della Chiesa e del suo Capo spirituale spesso ambigue, poco amorevoli e davvero poco comprensibili con “invasioni di campo” pesanti e pressanti come ad esempio sull’omosessualità e sulle coppie di fatto. Vogliamo ricordare il no contro la depenalizzazione dell’omosessualità portato avanti dal Vaticano?Anche solo a livello locale, qua a Bologna, i toni e le parole spesso utilizzati su questi temi da parte delle gerarchie locali sono stati, per essere molto moderati, decisamente fuori luogo. Senza considerare che questi temi che riguardano la morale cattolica e che vengono presentati spesso in modo ossessivo e con poca ragionevolezza toccano, al di là delle frange estreme e esibizioniste, persone semplici, alle prese con i piccoli grandi problemi di tutti i giorni. Persone che non sono né mostri, né recordmen del peccato.
Piuttosto,proprio loro, non avrebbero dubbi nel denunciare e condannare senza sé e senza ma la pedofilia.
Invece, spesso, la Chiesa ha coperto tutto con un silenzio colpevole o con spostamenti riparatori incomprensibili quanto inutili.
Se chi ha insabbiato, nascosto o rallentato la giustizia oggi è ancora seduto nella sua poltrona a fare anatemi morali, è colpevole quanto chi ha abusato.E bisogna dirlo, urlarlo! Bisogna chiedere giustizia! Anche come fedeli che tengono alla Chiesa! Non per essere giustizialisti, ma per essere giusti, nei confronti di chi ha sofferto.

Sugli scandali legati alla pedofilia, si apre inoltre un altro vaso di pandora: quello della sessualità. Recentemente, il Papa ha asserito che i sacerdoti devono essere come angeli. L’ha detto in modo benevolo e con chiaro riferimento alla questione degli abusi sessuali a danno di minori. Ma il punto è proprio questo, i sacerdoti non sono e non possono essere degli angeli. Semmai dei santi. È ora invece di chiedersi come affrontare la sessualità di chi si impegna al servizio di Dio e per gli altri. Perché così tanta devianza nei sacerdoti? Cosa genera un clima di censura, di bigottismo e di tensione sul tema della sessualità? Cosa genera la rigidità di un voto, se la persona non è serena con sé stessa? Cosa genera il non parlare, la formazione sulle tematiche affettive e sessuali poco aperta alla problematizzazione e alla complessità? E cosa significa castità, solo continenza?
E infine, ce la farà la Chiesa a utilizzare questo momento difficile per “ripensarsi”? Rifuggirà dalle lusinghe del vittimismo e dell’autoreferenzialità?
Ci sarebbero altre mille domande. Chissà se ci saranno risposte “nuove”!

giovedì 1 aprile 2010

PASQUA 2010

Alba di Risurrezione: fonte di ogni amore, di ogni libertà. Alleluia!
Coraggio!
Coraggio, fratelli che siete avviliti, stanchi, sottomessi ai potenti che abusano di voi. Coraggio, disoccupati. Coraggio, giovani senza prospettive, amici che la vita ha costretto ad accorciare sogni a lungo cullati. Coraggio, gente solitaria, turba dolente e senza volto. Coraggio, fratelli che il peccato ha intristito, che la debolezza ha infangato, che la povertà morale ha avvilito.
Il Signore è Risorto proprio per dirvi che, di fronte a chi decide di “amare”, non c’è morte che tenga, non c’è tomba che chiuda, non c’è macigno sepolcrale che non rotoli via.
Auguri. La luce e la speranza allarghino le feritoie della vostra prigione.
Don Tonino B.