Dal libro della Sapienza 11,22-12,2

Tutto il mondo davanti a te, come polvere sulla bilancia, come una stilla di rugiada mattutina caduta sulla terra. Hai compassione di tutti, perché tutto tu puoi, non guardi ai peccati degli uomini, in vista del pentimento. Poiché tu ami tutte le cose esistenti e nulla disprezzi di quanto hai creato; se avessi odiato qualcosa, non l'avresti neppure creata. Come potrebbe sussistere una cosa, se tu non vuoi? O conservarsi se tu non l'avessi chiamata all'esistenza? Tu risparmi tutte le cose, perché tutte son tue, Signore, amante della vita, poiché il tuo spirito incorruttibile è in tutte le cose. Per questo tu castighi poco alla volta i colpevoli e li ammonisci ricordando loro i propri peccati, perché, rinnegata la malvagità, credano in te, Signore.

giovedì 30 dicembre 2010

Auguri... di fecondità


Carissima/o,
i miei auguri, sono auguri di fecondità…
Magari tu come me, per vari motivi, non hai generato figli, e quindi potresti sentire che la fecondità non ti appartiene, è parola per chi ha figli, per chi ha “dato” vita. Ognuno di noi non ha generato per... scelta personale, per vocazione religiosa, la vita ha voluto così, ancora aspetti... Al di la della ragione, sento che la fecondità sia un’esperienza più ampia di generare figli. E quindi scrivo anche a te madre o padre.
Io mi sento feconda quando mi apro alle occasioni della vita, quando non ho paura e permetto alla vita di scorrere, di circolare, di “usarmi” perché altre/i abbiano vita. Siamo feconde/i quando scorgiamo segni di speranza che fanno intravedere vita, movimento, incontro. Mi sento feconda quando non scappo davanti alle sfide, quando non mi
chiudo all'incontro, al conflitto. Mi sento feconda quando, pur consapevole delle mie ferite interne, mi lascio toccare dentro senza timore.
Mi sento feconda quando una parola o un gesto di qualcuno aprono porte dentro di me. Mi sento feconda quando accetto di non essere il centro del mondo e lascio parola e spazio all'altro; quando credo che siamo più della somma delle parti che ci compongono; quando ascolto questa sete di relazione e di infinito che mi abita.
Mi sento feconda quando permetto alla vita di stupirmi, di meravigliarmi. Mi sento feconda quando sento che un progetto, un'idea, un anelito prende forma dentro di me e trovo spazi per “darlo alla luce”... Mi sento feconda quando una persona mi dice grazie per qualcosa di cui non sono consapevole o quando un sorriso nasce da una mia parola o gesto. Mi sento feconda quando posso offrire un nuovo punto di vista…
Mi sento feconda quando credo fortemente in un valore e combatto perché si realizzi. Mi sento feconda quando non ho paura di mostrarmi per ciò che sono, quando dico il mio punto di vista pur consapevole di essere minoranza. Mi sento feconda quando ho pazienza che i semi diventino frutti, anche se io non li vedrò. Mi sento feconda quando
accetto con umiltà che non tutti i semi diventino frutti.
Mi sento feconda quando accetto i “dolori del parto” perché qualcosa abbia luce.
Patrizia


sabato 25 dicembre 2010

E’ Natale: Dio nasce per noi. Dio nasce per te.



Viene per chi sta dietro la porta chiusa
"Ecco sto alla porta e busso..." Egli non viene né per onorare il suo nome né per salvare la sua dignità: viene per chi sta dietro la porta chiusa. E chi ci sta dietro la porta chiusa? Io ci sto: in tanti ci stanno; ci sta il mondo. Il quale mi sembra ancor più sprangato in questo Natale... Da secoli, non da decenni, Egli attende... Ma anche se tardasse un po’..., aspettatelo: Egli verrà e lo vedrete tutti e ne godrà il vostro cuore poiché Egli viene a portare la pace al suo popolo e a restituirgli la vita.
don Primo Mazzolari

domenica 5 dicembre 2010

In cammino verso il Natale


Avvento.
Arrivò senza essere aspettato, venne senza essere stato concepito. Solo la madre sapeva ch'era figlio di un annuncio del seme che sta nella voce di un angelo. Era accaduto ad altre donne ebree, a Sara per esempio. Solo le donne, le madri, sanno cos'è il verbo aspettare. Il genere maschile non ha costanza né corpo per ospitare attese. Risento l'aggravante di ignorare fisicamente la voce del verbo aspettare. Non per impazienza, ma per mancanza di tenuta: neanche durante le febbri malariche mi veniva di ricorrere al repertorio delle immaginazioni di guarire, di stare in attesa di. Nei risvegli mattutini scorrendo Isaia leggo: "Lieti quelli che aspettano lui" (Is 30,18). Non ho conosciuto questa saggia e fisica letizia. Ma più forte di questa notizia, nello stesso verso è scritto: "Perciò aspetterà Iod/Dio di farvi misericordia". C'è un'attesa prima, che spetta a Dio e ha lo stesso verbo ebraico hacchè. Nella sua riduzione al formato della specie umana, il Suo tempo infinito si contrae nel finito di un'attesa. Dio aspetta: "Per farvi misericordia". Il tempo di Avvento sta a imitazione di, sta dirimpetto all'eternità di un Dio che accetta di farsi periodico, irrompendo nel mondo a mesi stabiliti con nascita, morte e risurrezione. Chi ha in corpo le risorse per concepire attese, conosce dal verso di Isaia l'immensità della corrispondente attesa di Dio.
E. De Luca