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giovedì 20 dicembre 2007

INCONTRO E CENA DI NATALE SABATO 22 - 16,30 O 20,00

23 Dicembre 2007 - IV DOMENICA di AVVENTO (ANNO A)

Giuseppe non temere di prendere con te Maria tua sposa... Mt 1,20
(I testi riportati sono tratti dal Nuovo Lezionario)


Matteo 1,18-2418

Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. 19 Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.20 Però, mentre stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; 21 ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».22 Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: 23 «Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele», che significa “Dio con noi”.24 Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.

1) Ecco come avvenne (lett.: era) la nascita (lett.: generazione) di Gesù Cristo: il racconto della nascita di Gesù secondo l’evangelista Matteo è direttamente collegato con il versetto introduttivo del cap 1 che apre ‘il libro della generazione’di Gesù Cristo, fatta risalire al re Davide e al patriarca Abramo, padre dei credenti.Davide ha legato il suo nome al Tempio e alla liturgia di lode all’Altissimo ed Abramo alla obbedienza della fede che andando contro ogni evidenza, alimenta la speranza, eredita e custodisce la benedizione di Dio sul suo popolo e per tutte le genti.2) Sua madre…: la maternità di Maria è frutto della iniziativa di Dio, per cui l’azione dello Spirito Santo che incontra la fede diventa in Lei sorgente di vita divina e potenza generante: il Figlio dell’Altissimo prende dalla donna la sua carne e il suo sangue portando a pienezza il tempo (cfr. Gal 4,4).3) Giuseppe suo sposo: Come Zaccaria ed Elisabetta anche Giuseppe è uomo giusto secondo la Legge di Dio che ama, osserva e comprende, ma l’intelligenza umana non arriva ad intendere il mistero di Dio e del suo progetto se non si lascia illuminare dalla luce della fede e della Rivelazione che è data a chi sa farsi piccolo per stare umilmente davanti a Dio (Sap 9,17; Mt 11.25). Giuseppe così è introdotto nel buon combattimento della fede che vince il timore e dà di accogliere il dono di grazia senza averne paura.4)Tu lo chiamerai Gesù:Gesù è il Salvatore del suo popolo, l’Inviato del Padre che lo ha mandato non per giudicare il mondo ma per salvarlo. Lo Spirito Santo che in lui agisce in pienezza è la forza capace di purificare l’umanità dal peccato donando la vita eterna.5) Tutto questo avvenne…: Gesù è l’ Emmanuele, il ‘Dio con noi’. Si compie così la parola detta per mezzo di Isaia profeta, secondo la quale è dato all’ umanità in attesa il ‘segno’ dell’amore di Dio che vince ogni incredulità e diffidenza. Egli stesso adempie la sua promessa di porre per sempre la sua dimora in mezzo al suo popolo (cfr. Mt 28,20; Ap 21,3).6) Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore: per la sua obbedienza alla parola dell’angelo, Giuseppe è vero figlio di Abramo ed erede della sua benedizione. Accogliendo la sua sposa diventa partecipe della stessa pienezza di grazia che Dio riserva a tutti coloro che credono in Lui.

Isaia 7,10-1410
In quei giorni, il Signore parlò ad Acaz: 11 «Chiedi per te un segno dal Signore, tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure dall’alto».12 Ma Àcaz rispose: «Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore».13 Allora Isaìa disse: «Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta stancare gli uomini, perché ora vogliate stancare anche il mio Dio? 14 Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele».
1) Il Signore parlò ad Acaz: si tratta di un momento storico molto difficile per il Regno di Giuda minacciato dagli Aramei. Il re di Giuda, Acaz, è un re gravemente idolatra che, pur messo alle strette dall’aggressività dei regni vicini, continua ad essere infedele al Signore (2Re 16 e 2Cr 28). Nonostante questo Dio, fedele alle promesse fatte a Davide (2Sam 7,8-17), previene il re inviandogli il profeta Isaia (v 3) per soccorrerlo (v 4) e per portarlo a conversione, così come aveva fatto con Davide dopo il suo peccato (1Re 12,1).2) Chiedi per te un segno: come sempre avviene nella storia della salvezza, è innanzitutto Dio che, prende l’iniziativa: Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse:”Dove sei?”(Gen 3,9). Il re viene invitato a chiedere un segno che gli sia d’aiuto per affidarsi a Dio. Non si deve dunque pensare che sia sollecitato a domandare necessariamente segni clamorosi, come si vede nella vicenda del profeta Isaia (Is 8,1-4): Ecco io e i figli che il Signore mi ha dato, siamo segni e presagi da parte del Signore (Is 8,17-18).3) Dal profondo degli inferi oppure dall’alto (vulgata: In profundum inferni sive in excelsum supra; LXX: verso il profondo o verso l’alto): il commento ebraico di Rashi vede “il profondo” e “l’alto” come le grandi direzioni della preghiera: “Vai giù negli inferi e chiedi…Chiedi un segno nel profondo dell’abisso, per far risorgere per te una persona amata, o vai nell’alto, sopra, e chiedi un segno nei cieli”: Signore ascolta, Signore perdona; Signore guarda e agisci senza indugio (Dn 9,19). È in realtà nella Parola di Dio che ogni abisso e distanza sono annullati: Non dire nel tuo cuore: chi salirà in cielo… oppure :chi scenderà nell’abisso… Vicino a te è la parola, nella tua bocca e nel tuo cuore (Rm 10,5-8 e Dt 30,11-14).4) Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore: in Acaz opera la stessa diffidenza verso Dio che il tentatore aveva posto nel cuore di Eva (Gen 3,5). Acaz respinge la richiesta che Dio gli rivolge di non temere di fidarsi di Lui: Cosa chiede il Signore tuo Dio se non… che tu l’ami…? (Dt 10,12-15).5) Non vi basta stancare gli uomini… perché ora vogliate stancare (vulgata: essere molesti; LXX: lottare con Dio) anche il mio Dio? Il Dio di Israele è profondamente coinvolto nella storia degli uomini fino a patire a motivo dei peccati (Is 43,24). Proprio sottraendosi alla richiesta di un segno il re mette alla prova Dio con la sua incredulità, come aveva fatto Israele nell’Esodo: Il Signore è in mezzo a noi o no? (Es 17,7).6) Il Signore stesso vi darà un segno: Dio, nella sua Santità, agisce per sé stesso (Ez 36,22), cioè per puro amore verso gli uomini, senza calcolarne il peccato.7) Ecco la vergine (ebraico: la ragazza) concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà (LXX: chiamerai) Emmanuele: nella Scrittura, a cominciare da Abramo ed in tutte le maternità difficili che spesso ci vengono presentate, la nascita di un figlio è il segno privilegiato della benedizione di Dio. Nel segno piccolo del figlio della vergine, che il profeta annuncia da parte di Dio, è espressa la grande speranza messianica d’Israele di una presenza piena e definitiva del Signore in mezzo al suo popolo ed a tutti gli uomini: Se tu squarciassi i cieli e scendessi (Is 63,20).

Romani 1,1-71
Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per chiamata, scelto per annunciare il vangelo di Dio – 2 che egli aveva promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sacre Scritture 3 e che riguarda il Figlio suo, nato dal seme di Davide secondo la carne, 4 costituito Figlio di Dio con potenza, secondo lo Spirito di santità, in virtù della risurrezione dei morti, Gesù Cristo nostro Signore; 5 per mezzo di lui abbiamo ricevuto la grazia di essere apostoli, per suscitare l’obbedienza della fede in tutte le genti, a gloria del suo nome, 6 e tra queste siete anche voi, chiamati da Gesù Cristo –, 7 a tutti quelli che sono a Roma, amati da Dio e santi per chiamata, grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo!
1) Paolo, servo di Cristo Gesù, chiamato a essere apostolo, scelto (lett.: segregato, separato) per annunziare il vangelo di Dio: Paolo è stato segregato, separato (non scelto) per il vangelo, per cui prima di annunziarlo lo ha ricevuto e assorbito: … quando colui che mi ha scelto (lett.: segregato) fin dal seno di mia madre e mi ha chiamato con la sua grazia, si compiacque di rivelare in me suo Figlio perché lo annunziassi in mezzo ai pagani… (Gal 1,15-16).2) che egli aveva promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sacre Scritture: per l’apostolo il vangelo è stato preannunciato (non promesso) nell’Antico Testamento (questa è la funzione dei profeti) e si dilata fino al mistero pasquale di Cristo, ne consegue che Paolo ha già chiaro che tutta la rivelazione di Dio all’uomo comprende le scritture antiche e il loro compimento in Cristo.3) e che riguarda il Figlio suo, il quale fu generato dal seme di Davide come uomo: il vangelo, per Paolo, non è quindi un insieme di buoni propositi o di santi concetti, ma riguarda il Figlio di Dio, Cristo Gesù, cioè una persona in carne e ossa, nato nella storia dalla stirpe di Davide.4) e fu costituito Figlio di Dio, con potenza, secondo lo spirito di santificazione, in virtù della risurrezione dai morti: Paolo quindi collega la figliolanza divina di Gesù con la sua risurrezione (non con il suo battesimo), esattamente come nel suo discorso nella sinagoga di Antiochia: E noi vi annunziamo che la promessa fatta ai Padri si è realizzata, poiché Dio l’ha compiuta per noi, loro figli, risuscitando Gesù, come anche sta scritto nel salmo secondo: Mio figlio sei tu, io oggi ti ho generato (At 13,32-33).5) per mezzo di lui abbiamo ricevuto grazia e missione di apostolo per portare tutte le nazioni all’obbedienza della fede: il senso è decisamente diverso: per mezzo del quale (Cristo) ricevemmo la grazia e l’apostolato per obbedienza della fede fra tutte le genti per il suo nome. Quindi Paolo cita per primo sé stesso all’obbedienza della fede, in quanto segregato fra tutte le genti, un’obbedienza che egli offre e alla quale non costringe nessuno; va precisato che il termine greco obbedienza comprende in sé l’ascolto, quindi Paolo offre ai romani quello che egli stesso ha già sperimentato: l’ascolto di Cristo che genera la fede.

SPIGOLATURE ANTROPOLOGICHE

Così alle soglie del Natale, mi sembra interessante mettere in evidenza un tratto forte della sapienza ebraico-cristiana, particolarmente emergente dai testi biblici di questa domenica, e cioè la stretta connessione tra obbedienza e responsabilità. Diversamente da come istintivamente si potrebbe pensare, l'incontro con il Dio degli ebrei e dei cristiani non è mai il confine - e la resa - tra il mondo dell'umano e il mondo del divino, perchè non solo l'umano non viene "abbandonato" per il divino, ma viene invaso dal divino. E la potenza di Dio non sostituisce le potenze umane, ma le convoca e le sollecita in modo straordinario. Non si può delegare niente a Dio, con una specie di "pensaci Tu", perchè è se mai Lui a riempire la nostra esistenza personale e comune di nuove e immense prospettive. A questo proposito è molto interessante la questione del "segno": la vita viene richiesta di essere "significativa", e cioè di saper esprimere quel "nuovo" e quell'"universale" con cui si è incontrata. Il segno infatti è la "visibilità del mistero". Il mistero è la realtà profonda di ogni creatura e di ogni evento, non è "sopra" la realtà, ma piuttosto è "dentro" ogni realtà. È quella "verità" di ogni persona e di ogni cosa, che la ragione non può sondare e che solo da un’altra fonte, che per il credente è Dio stesso, può essere comunicata. Ebbene, chi è raggiunto da questa conoscenza nuova e profonda è radicalmente impegnato ad esserne, in qualche modo, "il segno", o almeno "un segno". Dalla sconvolgente e incalzante "novità" che tutto assume per questa nuova conoscenza di tutto, la persona è interamente convocata, per un compito che non è quello di raccogliere intorno a sé un piccolo gruppo, il che anche avviene, ma è quello prima di tutto di comunicare a tutti, a tutti i popoli e a tutte le culture, quella luce nuova di tutto che riguarda tutta l'umanità, tutta la creazione e tutta la storia.L'assunzione di questa responsabilità provoca un'incessante "frattura" con tutto quello che ognuno ha percorso anche sulla via più corretta e più profonda, anche nella stessa strada di Dio, come era il caso di Giuseppe. La custodia e l'approfondimento di questa sapienza nuova esige una disponibilità incessante allo "strappo" di quello che poteva sembrare certo e acquisito, perchè la sua stessa certezza non è mai "conservatorismo", ma incessante messa in gioco. Giuseppe, cioè, è assolutamente "coerente" con la tradizione di sapienza che lo ha guidato, e lo è proprio perchè accetta che siano messe in gioco tutte le conseguenze e le conclusioni che sembravano inevitabili fin quando quella stessa sapienza non si è ulteriormente confermata e arricchita. Ma anche questo esige l'assunzione di responsabilità vertiginose! Dunque, in alternativa assoluta con ogni visione meccanicistica o fatalista della realtà, la vita di colui che chiamiamo "il credente" è chiamata ad assumersi in un certo senso la stessa "storia di Dio" nella sua grande avventura in mezzo alla storia dell'umanità.

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