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mercoledì 12 maggio 2010

Ascensione del Signore – anno C - 16 mag. 2010

Voi siete testimoni
Lc 24, 46-53
“Così sta scritto: il Cristo doveva patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati … di questo voi siete testimoni”. Testimoni della risurrezione dunque? Certo, ma non solo, anche e soprattutto del perdono dei peccati! Gesù poi promette di mandare sugli apostoli il suo Spirito, di cui sappiamo (cf. Gv 20,22-23) che è il dono perfetto del Padre, il “Per-dono”, colui che dà il potere di rimettere i peccati.
Solo dopo questa promessa Cristo “si stacca” dai suoi, benedicendoli, come per confermare la nuova creazione che sta compiendo. Dio infatti, fin dalla prima pagina della Genesi (Gn 1,28) aveva benedetto l’uomo e la donna, rendendoli così fecondi, capaci cioè di collaborare all’opera della creazione. Il Risorto ricrea l’uomo facendolo nascere alla vita divina capace di trasformare il male in Bene con il perdono, e lo benedice per dargli la sua stessa capacità di perdonare e per renderlo collaboratore anche di questa ri-creazione.
Perché allora continuiamo così facilmente a vergognarci dei nostri peccati, a giudicare quelli degli altri e a temere il giudizio di Dio? Il Figlio è venuto, è morto ed è risorto proprio per dimostrarci che lo Spirito che anima Dio – se si può usare questa metafora – è perdono. Il buon ladrone ci ha creduto, ed è l’unico uomo ad essere canonizzato da vivo: “Stasera sarai con me in paradiso”. Se siamo testimoni di Cristo, lo siamo attraverso la nostra capacità di perdonare fino a poter dire a chi ci offende: sei con me nel paradiso del mio cuore profondo, ove il Padre mi accoglie con te senza giudicare né te né me. Lasciandoci eredi e testimoni del suo perdono, Cristo ha cambiato il senso della storia: l’uomo può uscire dal meccanismo della vendetta e della paura perché la morte, conseguenza del peccato, è vinta. Egli se ne va e i discepoli restano “pieni di gioia”.
Il suo ritorno al Padre è un messaggio che invita i suoi a non rimanere con lo sguardo fissato al cielo, o a lui, con nostalgia, dimenticando che tutta la vicenda è stata un invito continuo a fare il bene concreto, possibile in questa vita, a guardare “oltre”, a compiere le sue opere “e anche di più grandi” (cf. Gv 14,12).
Il vero Maestro è quello che sa scomparire lasciando che gli altri, con ciò che hanno imparato da lui, percorrano la loro strada. Prologo dunque, non epilogo.
E.Marie

1 commento:

  1. Provo a socializzare qualche riflessione dopo l'incontro di ieri.
    A cosa serve un gruppo come questo? Forse è più facile rispondere cercando di ripensare a cosa è servito ad ognuno di noi.
    E' servito per farmi uscire dalla riserva indiana (psicologica e/o sociale). Anche se il tempo dei pionieri è finito, e ci si avvia inesorabilmente (ma saltuariamente) anche in ambito ecclesiale ad un riconoscimento dell'omosessualità come una condizione di pari dignità rispetto alle altre, questo non rende il gruppo superfluo. Esistono i gruppi delle vedove cattoliche, ad esempio, e nessuno le considera una setta pericolosa e asociale, ma la risposta sana e naturale ad un'esigenza di confronto tra pari che non coinvolge tutto l'individuo ma una parte importante e delicata di sè.
    E' servito per trovare amici e compagni di viaggio. Non è obbligatorio nè scontato nè spontaneo, ma se succede meglio; non è una prerogativa del gruppo, gli ambienti per socializzare sono tanti e vari, ma proprio perchè non è facile, le occasioni non sono mai abbastanza.
    E' servito per (cercare di) mettere insieme il diavolo e l'acqua santa, il ministrante modello e l'assiduo frequentatore delle più imbarazzanti chat, l'ex adolescente dall'ormone imbizzarrito e il romantico che continua a piangere ascoltando Unchained Melody di Ghost.
    E' servito quando avevo bisogno di tutto, e riprendendo il giusto richiamo fattoci ieri, serve ora che ho un po' meno bisogno del gruppo ma che posso dare qualcosa a chi nel gruppo può avere bisogno (anche) di me.
    Ciao. Ma.

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