Dal libro della Sapienza 11,22-12,2

Tutto il mondo davanti a te, come polvere sulla bilancia, come una stilla di rugiada mattutina caduta sulla terra. Hai compassione di tutti, perché tutto tu puoi, non guardi ai peccati degli uomini, in vista del pentimento. Poiché tu ami tutte le cose esistenti e nulla disprezzi di quanto hai creato; se avessi odiato qualcosa, non l'avresti neppure creata. Come potrebbe sussistere una cosa, se tu non vuoi? O conservarsi se tu non l'avessi chiamata all'esistenza? Tu risparmi tutte le cose, perché tutte son tue, Signore, amante della vita, poiché il tuo spirito incorruttibile è in tutte le cose. Per questo tu castighi poco alla volta i colpevoli e li ammonisci ricordando loro i propri peccati, perché, rinnegata la malvagità, credano in te, Signore.

giovedì 16 ottobre 2008

Domenica 19 ottobre 2008

XXIX domenica t.o. A – Mt 22, 15-21
Gesù e l’evasione fiscale

740,730, ICI … sì, dobbiamo pagare, come tutti, non c’è scappatoia. Anche noi, come i farisei, cerchiamo – pur essendo buoni cristiani – come versare meno tasse o niente affatto. Ma Cristo ordina di “rendere a Cesare quello che è di Cesare”. Le imposte sono normalmente fatte per essere ridistribuite dai servizi pubblici a beneficio di tutti e innanzitutto dei poveri. In questo vangelo che forse leggiamo troppo facilmente come un avvertimento – giusto – a non usare Dio per i nostri comodi, Gesù indica anche come costruire una società giusta. Se i cristiani avessero sempre pagato allo stato ciò che dovevano, probabilmente avremmo un’altra comunità nazionale, un’altra comunità europea, un altro sistema finanziario. Anche Paolo raccomandava l’obbedienza all’autorità civile come dovere di chi si diceva di Cristo. Dio non è del nostro mondo ma non per questo dobbiamo disinteressarci della cosa pubblica fino a derubare lo stato! Il Signore non esime nessuno dalla partecipazione alla costruzione della città, perché solo attraverso i nostri gesti d’amore, d’apertura, di condivisione lui può entrare nella nostra civiltà.
E’ sintomatico costatare che il capitalismo è nato nei paesi cristiani dell’Europa del Nord, dopo la Riforma. Una mentalità, segnata dalla teoria calvinista che vede nel successo economico una dimostrazione della benevolenza divina, ha dato il via al culto del lavoro, alla condanna dell’ozio, all’efficientismo industriale che, come una voragine, travolge il mondo odierno in una corsa alla produzione e al consumo. La competizione è tale che la tentazione di barare per disporre di un capitale più importante non sembra neanche più un peccato; anzi ingannare lo stato appare come una prova d’intelligenza e non si pensa che così facendo si contribuisce ad aumentare l’ingiustizia e quindi la violenza.
“Rendete a Cesare quello che è di Cesare” per permettere a Dio d’essere presente nel commercio, negli affari, e impedire così che la nostra società si distrugga per l’abuso delle risorse e il disprezzo dei poveri. Se non rendiamo allo stato il dovuto, siamo noi gli oppressori del diseredato, condannati dai profeti. E’ forse vero che la nostra società è così ammalata da non saper ridistribuire in modo equo il denaro pubblico, ma questo non ci dispensa dall’obbedire al vangelo per cercare, appunto, di risanarla.
E.Marie
Ed ora un invito a condividere una nostra riflessione personale su questo passo del Vangelo, un invito ad arricchirci l'un l'altro con quanto la Parola ci ha detto. Scriviamo un commento?

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