Dal libro della Sapienza 11,22-12,2

Tutto il mondo davanti a te, come polvere sulla bilancia, come una stilla di rugiada mattutina caduta sulla terra. Hai compassione di tutti, perché tutto tu puoi, non guardi ai peccati degli uomini, in vista del pentimento. Poiché tu ami tutte le cose esistenti e nulla disprezzi di quanto hai creato; se avessi odiato qualcosa, non l'avresti neppure creata. Come potrebbe sussistere una cosa, se tu non vuoi? O conservarsi se tu non l'avessi chiamata all'esistenza? Tu risparmi tutte le cose, perché tutte son tue, Signore, amante della vita, poiché il tuo spirito incorruttibile è in tutte le cose. Per questo tu castighi poco alla volta i colpevoli e li ammonisci ricordando loro i propri peccati, perché, rinnegata la malvagità, credano in te, Signore.

lunedì 15 ottobre 2007


XXIX Domenica del Tempo Ordinario C
21 ottobre 2007


Salmo responsoriale (Sal 120)

Il nostro aiuto viene dal Signore.
Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l'aiuto? Il mio aiuto viene dal Signore, che ha fatto cielo e terra. Non lascerà vacillare il tuo piede, non si addormenterà il tuo custode. Non si addormenterà, non prenderà sonno, il custode d'Israele. Il Signore è il tuo custode il Signore è come ombra che ti copre, e sta alla tua destra. Di giorno non ti colpirà il sole, né la luna di notte. Il Signore ti proteggerà da ogni male, egli proteggerà la tua vita. Il Signore veglierà su di te, quando esci e quando entri, da ora e per sempre.

Vangelo: Lc 18,1-8

Dal Vangelo secondo Luca In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi: "C'era in una città un giudice, che non temeva Dio e non aveva riguardo per nessuno. In quella città c'era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: Fammi giustizia contro il mio avversario. Per un certo tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: Anche se non temo Dio e non ho rispetto di nessuno, poiché questa vedova è così molesta le farò giustizia, perché non venga continuamente a importunarmi". E il Signore soggiunse: "Avete udito ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà a lungo aspettare? Vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?".

Troverà la fede sulla terra?

don Paolo Curtaz

Di interrogativi Gesù ne ha posti a sufficienza, nel suo ministero. Ma quello di oggi, amici, mozza il fiato. Gesù, con un velo di tristezza chiede: "Quando tornerò, ci sarà ancora fede sulla terra?". Attenzione, non dice: "Ci sarà ancora un'organizzazione, la gente andrà ancora a Messa, si farà l'elemosina?". No, Gesù è angosciato perché vede che, troppe volte, la nostra religione è senza fede, la nostra preghiera è senza fede, la nostra lotta per un mondo diverso è senza fede. Il grido inascoltato Davanti al grido della vedova importuna che chiede giustizia, simbolo del grido dell'oppresso di tutti i tempi, la fede vacilla. Come può Dio permettere la sofferenza, la guerra, la malattia? Davanti agli avvenimenti che percepiamo "ingiusti", la nostra fede vacilla, retrocede. Il dubbio, come già accennavamo tempo fa, abita il nostro cuore, perché credere è difficile. La sofferenza dell'innocente è e resta la più grande obiezione alla bontà di Dio; intuiamo che sotto c'è una risposta che ci sfugge, ma non possiamo liquidare con leggerezza il tema della sofferenza. La sofferenza, che esiste, mette in discussione Dio, certo, ma – il più delle volte – coinvolge ciascuno di noi. Bambini Vi voglio raccontare un fatto accaduto tempo fa, nel nostro oratorio interparrocchiale. Al sabato pomeriggio si sono ritrovati un gruppetto di ragazzi delle elementari e, proprio il giorno di inizio delle attività, durante un gioco alcuni se le sono date di santa ragione. Alla fine del pomeriggio, assieme agli educatori un po' depressi, sono venuti in Chiesa e lì, me presente, hanno pregato. Non ci crederete: tutti hanno pregato Dio affinché la guerra finisse. Mi sono avvicinato, un po' urtato, dicendo loro che Dio non ci avrebbe ascoltato: noi non credevamo a ciò che chiedevamo. Era un'operazione di facciata, di marketing spirituale e moralista. Noi faccimao le guerre e Dio le deve fermare, bell'affare! Al grido dell'oppresso, davanti alla violenza, davanti agli uomini che si massacrano, gridiamo: "Dio dove sei?" E Dio ci risponde: "Tu dove sei?". Il Signore ci ha consegnato un mondo che potrebbe essere un capolavoro di misericordia e di fraternità. Noi lo abbiamo ridotto a un covo di malfattori, di indifferenza, di ingiustizia. La nostra preghiera, spesso, cade nel vuoto perché, semplicemente, non facciamo nulla perché si realizzi. Dio fa prontamente giustizia, afferma Gesù alla fine della parabola della vedova. Sì, mi fido, lo credo. Stento a capire, ma mi ci metto, ci sto, lavoro, credo in un mondo in cui la giustizia inizia dal mio cuore, per poi contagiare il mondo. Nella lotta per la giustizia, per creare spazi e luoghi di amore solidale, abbiamo bisogno di fede per pregare, abbiamo bisogno di costanza per tenere le braccia alzate durante la battaglia. Solo la preghiera autentica, profonda, incarnata, ci può sostenere nella conversione del mondo che parte da me. Non esiste dualismo tra vita interiore e impegno sociale: l'uno scaturisce a approda all'altro. Un mondo che cambia necessità di interiorità; un'interiorità che non diventa impegno, è sterile devozione. Lotta e preghiera Nella lotta della vita, come di dice la bellissima immagine della prima lettura, dobbiamo osare la preghiera. Mosé che tiene le braccia alzate, per far vincere il suo popolo, è l'immagine di come la preghiera ci porti in una dimensione nuova, capace di vincere la lotta della vita. Chiediamoci se l'insistenza della vedova è la nostra insistenza, se la sua costanza è la nostra, quando si tratta di rendere giustizia, di dare una testimonianza di trasparenza nel nostro modo di esercitare la giustizia. Un ultimo appunto, che mi ha colpito. C'è il rischio di stancarsi, per strada, c'è il rischio di lasciar cadere le braccia, perché stanchi di pregare. Allora, com'è successo a Mosé, i fratelli ci sono vicini per tenere le nostre braccia alzate nella preghiera. La dimensione comunitaria, che ancora tanto dobbiamo scoprire, è questa volontà, questa capacità di camminare insieme, di lasciarsi anche portare dalla preghiera della Comunità. L'Eucarestia, allora, diventa il momento in cui ci raduniamo per tenere le braccia alzate e invocare la benedizione di Dio su noi e sul nostro cammino. Con verità potremo allora rispondere al Signore Gesù: "Signore, oggi, se verrai, troverai ancora fede sulla terra. La mia, quella della mia comunità".

2 commenti:

  1. Ci provo? Mi sembra che comenica sia andata bene. Il clima si è come sempre rilassato, dopo un inizio un po' arrugginito (fisiologico!?) e come sempre abbiamo condiviso le nostre vite. Ne vengo sempre fuori con qualcosa in più, anche o meglio specie quando non condivido la posizione dell'altra/o. Il condividere mi fa riflettere sulla mia, sono costretta a chiedermi se ne sono davvero convinta. Guai se tutto andasse sempre bene a tutti ... sarebbe sospetto! Beh, per ora basta. ma se funziona ...

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  2. Ciao! Come a Lucy anche a me l'ultimo incontro ha dato molto. Ci siamo raccontati con semplicità il nostro rapporto con la preghiera, argomento di solito tanto imbarazzante! Ci siamo inoltrati nel terreno delicato dell'imparare a pregare in coppia, raccontandoci tentativi, momenti fecondi, momenti più aridi. E' nato spontaneo il desiderio di "inventare" un modo per sentirci ogni giorno in comunione fra noi e col resto della comunità...non lasciamo cadere il progetto!

    Mi pare che sarebbe in continuità col nostro cammino accogliere l'invito di don Giovanni a incontrarci per una giornata di preghiera e di pace nel ricordo di don Giuseppe Dossetti, il 15 dicembre dalle 17. Lo trovate sul sito.

    Un abbraccio.

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