Dal libro della Sapienza 11,22-12,2

Tutto il mondo davanti a te, come polvere sulla bilancia, come una stilla di rugiada mattutina caduta sulla terra. Hai compassione di tutti, perché tutto tu puoi, non guardi ai peccati degli uomini, in vista del pentimento. Poiché tu ami tutte le cose esistenti e nulla disprezzi di quanto hai creato; se avessi odiato qualcosa, non l'avresti neppure creata. Come potrebbe sussistere una cosa, se tu non vuoi? O conservarsi se tu non l'avessi chiamata all'esistenza? Tu risparmi tutte le cose, perché tutte son tue, Signore, amante della vita, poiché il tuo spirito incorruttibile è in tutte le cose. Per questo tu castighi poco alla volta i colpevoli e li ammonisci ricordando loro i propri peccati, perché, rinnegata la malvagità, credano in te, Signore.

sabato 26 gennaio 2008








27 Gennaio 2008 - III DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)




mentre camminava vide due fratelli che gettavano la rete... Mt 4,18
(I testi riportati sono tratti dal Nuovo Lezionario)




Matteo 4,12-23 12



Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, 13 lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, 14 perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa:15 «Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti!16 Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta».17 Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».18 Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone,chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare;erano infatti pescatori. 19 E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». 20 Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. 21 Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. 22 Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.23 Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.
1) Avendo intanto saputo che Giovanni era stato arrestato Gesù…: Giovanni è imprigionato (lett. consegnato); la consegna di Giovanni indica la fine del tempo di preparazione del Regno di Dio e Gesù entra manifestamente nella Galilea delle genti: la Galilea designa il territorio di confine situato nella parte Nord della terra d’Israele; regione posta sotto la giurisdizione di Erode Antipa era stata in epoca assira, il luogo di insediamento di varie popolazioni straniere, diventando così il crogiolo, il punto di fusione di nazioni diverse e nemiche, figura di un mondo culturalmente impuro e peccatore. Proprio all’interno di esso Gesù inizia la sua predicazione, riprendendo l’annuncio che era stato di Giovanni Battista, nell’invito alla conversione per l’imminenza del regno dei cieli.2) Affinché fosse adempiuta la parola detta: è Gesù l’adempimento delle Scritture; è Lui la luce del mondo preannunziata dai Profeti, in Lui si rivela il mistero di Israele, popolo che Dio si è scelto perché le genti immerse nelle tenebre del peccato e dell’ignoranza fossero illuminate dalla luce della conoscenza divina. (cfr. Lc 1,78-79; 2,30-32; Gv 12,46).3) Mentre camminava lungo il mare di Galilea…: il passaggio di Gesù porta con sé la pienezza della verità e della grazia (cfr. Gv 1,17) che si riversano nel cuore di coloro che si aprono ad accogliere la predicazione della parola attraverso la quale gli uomini possono essere tutti salvati, secondo la volontà del Padre. Per questo Gesù chiama a sé quelli che sceglie per farne pescatori di uomini, suoi collaboratori per la corsa di quell’unica parola portatrice di speranza e di salvezza. (cfr. Mt 28, 18-19; Rm 10,14-15; 1Co 1,21).4) Ed essi subito…lo seguirono: alla chiamata di Dio risponde la fede: per essa si è disposti a lasciare, nella prontezza dell’obbedienza, ogni altra sicurezza e ogni altro legame per entrare nella sequela di Gesù, nella comunione di quella nuova famiglia dei figli di Dio che costituisce la Chiesa.5) insegnando… predicando… curando: Gesù percorre le strade della Galilea delle genti portando all’umanità fragile e peccatrice la parola della sua potenza che tutto sostiene, illumina e vivifica. (cfr. Eb 1,1-5). Lo Spirito santo infatti è il “lume celeste” che accende la luce interiore necessaria per capire la bontà del progetto di Dio in ogni evento e nella storia (cfr. Sap 18,1-4).

Isaìa 8,23b-9,3823b






In passato il Signore umiliò la terra di Zàbulon e la terra di Nèftali, ma in futuro renderà gloriosa la via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti.91 Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse.2 Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete e come si esulta quando si divide la preda.3 Perché tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva, la sbarra sulle sue spalle, e il bastone del suo aguzzino,come nel giorno di Mádian.
1) In passato (ebraico: come in un primo tempo) il Signore umiliò (Il vocabolo ebraico indica “leggerezza” e, in senso figurato, qualcosa che vale poco) la terra di Zabulon e di Neftali,…in futuro (ebr.: nel tempo posteriore o anche ultimo) renderà gloriosa (lett.: ha glorificato: la radice ebraica della parola gloria ha il significato di “pesantezza”) la via del mare, oltre il Giordano: sono le regioni della parte settentrionale di Israele abitate dalle tribù di Zabulon, Neftali e Manasse. Furono le prime ad essere occupate dagli Assiri ed i loro abitanti furono deportati (2Re 15,29). Questa profezia getta una luce pasquale su tutta la storia d’Israele: la rovina del popolo, dovuta al suo peccato e realizzatasi secondo il disegno di Dio, prepara la glorificazione finale, che viene annunciata dal profeta come già compiuta (il verbo “glorificare” è nel testo espresso al passato): dalla morte scaturisce la vita: Per un breve istante ti ho abbandonata, ma ti riprenderò con immenso amore (Is 54,7).2) Galilea delle genti: Isaia, profetizzando l’intervento di Dio che risolleva le sorti della Galilea, preannunzia di più l’avvento dei tempi messianici e la salvezza finale portata anche ai popoli pagani (Galilea delle genti). In quel giorno ci sarà una strada dall’Egitto verso l’Assiria. L’Assiro andrà in Egitto e l’Egiziano in Assiria; gli Egiziani serviranno il Signore con gli Assiri. In quei giorni Israele sarà il terzo con l’Egitto e l’Assiria, una benedizione in mezzo alla terra (Is 19,23-24). Il vangelo di Matteo di questa Domenica (Mt 4,13) vede nello stabilirsi di Gesù in Galilea il compiersi di questa profezia di Isaia.3) Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto (anche qui compare il “passato profetico”) una grande luce: le tenebre non sono tenebre qualsiasi, ma sono quelle primordiali, segno del male e del peccato vinti da Dio: Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre (Gen 1,3). Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano la le tenebre in luce e la luce in tenebre (Is 5,20). Il Signore porrà la sua dimora di luce nella nuova Gerusalemme messianica per essere Lui stesso la guida di tutti i popoli (Is 48,6 e Is 60). La luce del Signore si rivela nel dono della Sua parola e dell’amore fra gli uomini: Se offrirai il pane all’affamato… allora brillerà fra le tenebre la tua luce (Is 58,10). Lampada per i miei passi la tua Parola, luce sul mio cammino (Sal 119,105).4) Hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come… quando si miete e come si esulta quando si divide la preda. Perché tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva… come ai tempi di Madian: è la gioia pasquale di chi passa dall’oppressione alla libertà, in virtù della vittoria del Signore sul male, di cui è reso partecipe in modo sovrabbondante. Le molteplici espressioni con cui il testo profetico esprime questa gioia servono ad esprimerne la straordinaria pienezza e la gratuità, in quanto puro dono di Dio. Così dice il Signore: le ricchezze d’Egitto e le merci d’Etiopia… passeranno a te (Is 45,14). Mentre quelli [Gedeone ed i compagni] suonavano le trecento trombe, il Signore fece volgere la spada di ciascuno contro il suo compagno nell’accampamento [di Madian] (Gdc 7,22).

1Corìnzi 1,10-13.1710






Vi esorto, fratelli, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo, a essere tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e di sentire.11 Infatti a vostro riguardo, fratelli, mi è stato segnalato dai familiari di Cloe che tra voi vi sono discordie. 12 Mi riferisco al fatto che ciascuno di voi dice: «Io sono di Paolo», «Io invece sono di Apollo», «Io invece di Cefa», «E io di Cristo».13 È forse diviso il Cristo? Paolo è stato forse crocifisso per voi? O siete stati battezzati nel nome di Paolo?17 Cristo infatti non mi ha mandato a battezzare, ma ad annunciare il Vangelo, non con sapienza di parola, perché non venga resa vana la croce di Cristo.
1) Vi esorto pertanto, fratelli, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo, ad essere tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensare e di sentire: l’espressione tradotta con perfetta unione tradisce forse un’influenza subita dalla Vulgata di S. Girolamo che propone: sitis autem perfécti in eòdem sensu et in eàdem senténtia; nel testo greco il verbo utilizzato esprime la tendenza alla perfezione, cioè a un cammino e a un desiderio di mancanza di divisioni nella comunità. Quanto al sentire dell’ultima parte del versetto non si fa riferimento a stati emotivi dovuti al sentimento umano, bensì il termine andrebbe tradotto con parere (pronunciamento, parlare con cognizione di causa), cioè l’espressione verbale di un pensiero ragionato. Quindi riassumendo: stesso pensiero, stesso parere, mancanza di divisioni, tutto ciò significa tendere alla perfezione.2) Infatti a vostro riguardo, fratelli, mi è stato segnalato dai familiari di Cloe che tra voi vi sono discordi: il termine indica contesa, gara, rivalità, cioè il frutto della divisione. Nel mondo romano tutto ciò appariva positivo e da ricercare, in quanto metteva in luce la forza del singolo, per questo esisteva Eris, la dea della contesa.3) Mi riferisco al fatto che ciascuno di voi dice: “Io sono di Paolo”, “Io invece sono di Apollo”, “E io di Cefa”, “E io di Cristo”: il problema nasce quindi dal fatto che i corinzi attribuiscono maggiore o minore valore al battesimo a seconda della persona che lo amministra; sottolineamo l’espressione ciascuno di voi dice, nel senso che tutta la comunità è coinvolta in questa diatriba, nessuno tace. Sorge un problema riguardo all’ultima espressione “E io di Cristo”: è sulla bocca di una parte dei corinzi oppure è la risposta finale di Paolo alle divisioni nella comunità? Si può forse pensare che se fosse vera la prima ipotesi l’apostolo avrebbe probabilmente citato ad esempio questi cristiani che avevano capito che il battesimo è nel nome di Cristo, quindi (poiché Paolo dettava le sue lettere) può trattarsi della sua obiezione spontanea alle affermazioni dei corinzi.4) Cristo infatti non mi ha mandato a battezzare, ma ad annunziare il Vangelo; non con sapienza di parole, perché non venga resa vana la croce di Cristo: per Paolo sono chiari due primati: a) il primato del sacramento sulla persona che lo amministra; b) il primato del Vangelo sul sacramento, che naturalmente ha un senso solo nella fede nella Parola annunciata. L’ultima espressione non venga resa vana la croce di Cristo andrebbe meglio tradotta: non sia svuotata (Vulgata: evacuétur) la croce di Cristo, assegnando quindi alla Passione del Cristo la chiave interpretativa di tutte le Scritture.

SPIGOLATURE ANTROPOLOGICHE




La sapienza ebraico-cristiana ci consegna in questa domenica alcune linee direttrici per una scuola della pace della quale ha urgente bisogno non solo la società civile ma la stessa comunità credente. Il primo fondamentale atteggiamento sapienziale è quello della "buona notizia": ogni parola, proposta, intervento, critica, opposizione... deve essere in ogni modo "notizia buona", deve cioè contenere in sé una prospettiva positiva, liberante, illuminante e luminosa. Questo esige che si tenga conto del rapporto tra parola e storia. Una parola estrapolata dalla storia è nel rischio di essere magari in se stessa vera, ma addirittura sbagliata perchè non immersa nella storia con l'intenzione fondamentale di essere efficace nella direzione della speranza. Il secondo dato prezioso è quello dell'universalità. Ogni parola è buona se è portatrice di bene non solo ad una parte o magari buona per alcuni e cattiva per altri. Per essere parola della pace, deve poter essere donata a tutti, evidentemente in modi e tempi corrispondenti all'opportunità di ciascuno. Il terzo elemento riguarda la fisionomia profonda di ogni comunità che voglia porsi come portatrice di un messaggio, di una proposta, di un progetto. Questo esige che tale gruppo si caratterizzi per una sua profonda comunione interna: ogni voce ha il suo irrinunciabile valore, ma deve essere "voce della stessa parola": per questo, ad esempio, nell'ambito della nostra società civile, è tanto importante la nostra Costituzione nei suoi princìpi fondamentali: essi infatti contengono i contenuti laici condivisi dal nostro popolo, princìpi che ogni forma di governo deve a priori riconoscere. Solo una sicurissima totale unanimità potrebbe consentire qualche cambiamento di essi.Un quarto capitolo di vera scuola della pace evidenzia nelle Scritture di questa domenica il contenuto fondamentale che ogni parola, proposta o progetto devono contenere: la liberazione e il vero progresso. Liberazione dalle grandi prigioni dell'inimicizia, della solitudine, dell'ignoranza, della povertà... Progresso come incessante nuova luce portata dal lavoro, dallo studio e da tutti gli abiti virtuosi di ogni persona, dal più piccolo al più grande. Questo esige quella "povertà di spirito" che è consapevolezza dei limiti di ogni situazione e quindi disponibilità ad un incessante movimento di ricerca e di acquisizione di elementi nuovi e buoni, dove la custodia dei dati fondamentali eviti il rischio di un conservatorismo sterile e sia la forza e la fonte di una incessante dinamica di vero movimento. Infine, e ci fermiamo a questi cinque elementi fondanti, i "pescatori di uomini" sono l'immagine suggestiva del fine ultimo e del segreto intendimento di ogni opera: avere come fine il bene della persona umana, di ogni persona come dell'intera comunità umana, oggi non più restringibile ad esempio ad una realtà nazionale, in un mondo che si è fatto sempre più piccolo, sino a potersi definire un'unica casa. Pescando pesci, costruendo case, formando scolari, ma anche sopportando la fatica , mettendo figli al mondo, affrontando con sapiente mitezza la malattia... sempre il fine è il bene dell'umanità, quella delle nostre relazioni più preziose, e quella che fa dell'umanità stessa un'unica famiglia.

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